Lavoro a tempo determinato – Illegittima apposizione del termine – Protrarsi nel tempo della mancata reazione del lavoratore alla estromissione dall’azienda – Comportamento concludente integrante il consenso allo scioglimento del rapporto

Tribunale di Roma, Sezione lavoro, Sentenza 6 maggio 2008 n. 4373 – Giudice unico Redavid

In tema di rapporto di lavoro a tempo determinato deve ritenersi ammissibile lo scioglimento del rapporto di lavoro per mutuo consenso ex art. 1372 c. 2, c.c. laddove la mancata reazione del lavoratore alla estromissione dall’azienda e la mancata offerta di qualsiasi prestazione lavorativa alla parte datoriale si sia protratta per un considerevole lasso di tempo. Tali fatti, invero, costituiscono comportamenti concludenti integranti il consenso, o quantomeno l’acquiescenza, del ricorrente alla cessazione del rapporto di lavoro alla data di scadenza del termine indicata nel contratto, cessazione che, pertanto, deve ritenersi ormai definitivamente consolidata per volontà di entrambe le parti.

Nota: Nella fattispecie, il ricorrente aveva stipulato con la Poste Italiane S.p.a. tre contratti a tempo determinato ai sensi della normativa vigente e dell’art. 8 del CCNL del 26/11/94: la Corte ha ritenuto che solo con la ricezione dell’atto di messa in mora deve ritenersi che il lavoratore abbia costituito in mora la resistente, posto che la richiesta di tentativo di conciliazione presentata alla direzione provinciale del lavoro competente non contiene alcuna offerta di prestazioni lavorative.

Peraltro, la Suprema Corte ha affermato che in presenza di chiari indici rivelatori, anche nell’ipotesi di termine illegittimamente apposto al contratto, il rapporto di lavoro può ritenersi consensualmente risolto sulla base di meri comportamenti concludenti delle parti. In particolare ha osservato che nell’ipotesi di un contratto di lavoro, la sua mancata esecuzione “… assume valore dichiarativo, cosicché il comportamento, protratto per un tempo apprezzabile, che si risolve nella totale carenza di operatività di un rapporto caratterizzato dal complesso intreccio di molteplici obbligazioni reciproche, deve essere valutato in modo socialmente tipico quale dichiarazione risolutoria. Operano, infatti, in tal senso, principi di settore (la caratterizzazione professionale del lavoratore, l’obbligazione retributiva del datore di lavoro funzionale alla soddisfazione dei bisogni primari del dipendente, la nascita dell’inderogabile rapporto previdenziale) che non consentono di considerare esistente un rapporto di lavoro senza esecuzione” (Cass. n. 3753/95).